Una ricerca condotta dai ricercatori del Karolinska Institute, in Svezia, e pubblicata sulla rivista Brain, sembra aver trovato il modo di effettuare un esame per verificare la possibilità di Alzheimer fino a dieci anni di anticipo.
L'Alzheimer porta come sintomi caratteristici aggressività e dimenticanza, arrivando a uno stadio più avanzato della malattia. Pertanto, scoprire in anticipo l'incidenza di un tale processo neurodegenerativo è molto importante.
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Nella concezione di professionisti della salute e scienziati, con informazioni in anticipo sull'andamento della malattia, è possibile sviluppare e cercare meccanismi per fermare il processo.
Secondo i ricercatori, il biomarcatori trovati nel sangue sono in grado di indicare l'insorgenza di alterazioni patologiche precoci in una specie ereditaria della malattia.
Pertanto, è stato possibile verificare che i cambiamenti nella proteina acida fibrillare gliale (GFAP) si verificano circa 10 anni prima dell'insorgenza dei sintomi della malattia di Alzheimer.
Per arrivare al risultato finale dello studio, è stato necessario che il gruppo di ricercatori valutasse 164 campioni di plasma sanguigno, prelevato da 33 persone con una mutazione che le rende più vulnerabili all'Alzheimer, e anche da 42 parenti che non avevano tale predisposizione genetica.
La raccolta è stata effettuata tra il 1994 e il 2018 e, secondo le analisi, sono evidenti i cambiamenti in diversi concentrazioni di proteine del sangue in coloro che portavano la mutazione, con un decennio prima della comparsa del primo sintomi.
Secondo Caroline Graff, professoressa presso il Dipartimento di Neurobiologia, Scienze della Cura e Società del Karolinska Institute, che è anche una delle autrici della ricerca:
“Sono stati seguiti da un aumento delle concentrazioni di P-tau181 (proteina tau) e successivamente di Nfl (proteina leggera del neurofilamento), che, come già sappiamo, sono direttamente associati all'entità del danno neuronale nel cervello di Alzheimer”.
Quindi, secondo l'analisi del gruppo di ricercatori, questi risultati sono molto promettenti per nuovi test e approcci contro l'Alzheimer da realizzare in futuro.
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